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domenica 31 maggio 2015

La lettura digitale non batte quella stampata



È senza dubbio evidente che parte della quotidianità di ognuno di noi è legata ad un dispositivo digitale su cui oramai è possibile trovare qualsiasi cosa ci serva. Sorprendentemente, però, sembra esserci ancora qualcosa che preferiamo fare in modo del tutto tradizionale: leggere. Molti dati rilevano che una piccolissima percentuale di studenti legge per solo diletto su libri stampati, mentre un po’ più elevato è il numero di coloro che si sono appassionati alla lettura grazie alla nascita dei tablet e lettori ebook che rendono più interattivo il contenuto e sul quale, con un semplice clic, è molto più comodo spostarsi su un vocabolario dove ricercare i termini, ma per il quale è necessario un controllo più severo anche a livello scolastico da parte degli insegnanti per impedire ai loro studenti di cadere in facili distrazioni. Come afferma il docente canadese di filosofia François Jourde, “vari strumenti permettono di riprodurre sullo schermo l’esperienza del libro stampato, facilitano la lettura in modi anche raffinati, per esempio evidenziando la parte centrale di una pagina e offuscando gli elementi a contorno, a vantaggio della concentrazione.” Ciononostante anche se apparentemente risulta molto più divertente e facile la lettura digitalizzata, al cospetto di numerose testimonianze e sondaggi sugli studenti universitari è emerso che moltissime persone preferiscono ancora di gran lunga la stampa al digitale per le loro letture. I motivi di questo inaspettato risultato sono vari, c’è chi afferma che preferisce i libri per il semplice fatto che ama il loro odore, o perché si è soliti sottolineare le frasi che più colpiscono o avere l’abitudine di piegare l’angolo della pagina come segnalibro, ma non solo, tra i vari riscontri la risposta più ricorrente è stata la perdita di concentrazione. Nel seguire un testo online infatti, si tende spesso a scorrere velocemente le parole o ritrovarsi su altre pagine  che catturano la nostra attenzione, rendendo inevitabile la distrazione e di conseguenza non c’è una buona comprensione di ciò che stiamo leggendo. 
Nel campo universitario le case editrici stanno promuovendo la versione digitale dei testi anche perché risulta sicuramente molto più economico per lo studente scaricare dal proprio computer che acquistare libri che aumentano sempre più di costo. Se per quanto riguarda le spese il digitale è sicuramente una buona soluzione per gli studenti poco facoltosi, non c’è lo stesso beneficio per il loro apprendimento, in quanto per molti è più facile ricordare ciò che hanno letto poiché associano frasi o addirittura interi paragrafi ad una caratteristica specifica di quella determinata pagina, che sia una macchia di caffè, un piccolo scarabocchio o qualsiasi altra cosa. Sullo schermo tutto ciò va perso, è difficile ricordare una pagina che esattamente identica alle altre, ed è anche complicato mantenere il punto e comprendere subito ciò che stiamo leggendo. Insomma alla luce della rivoluzione tecnologica che sempre di più assorbe le nostre vite, nessuno avrebbe mai immaginato tali risultati nel confronto tra preferenze tra libro stampato e libro digitale, ma chi ha voluto seguire tali ricerche ha avuto sicuramente la sua soddisfazione.


 FONTI : ilpost.it

Università online..si o no?

Con lo svilupparsi degli strumenti  tecnologici e delle risorse del web, sono nati e si sono sviluppati nuovi strumenti che hanno sostituito o si sono accompagnati a quelli tradizionali. Questo è accaduto anche nel mondo accademico con la comparsa delle università online.
Queste università hanno adottato e fatto proprio il metodo dell'e-learning; caricano le proprie le lezioni  sulla struttura di e-learning e forniscono agli studenti i materiali sullo studio postandoli su apposite piattaforme online. Spesso per far si che studenti e insegnanti possano confrontarsi vengono create delle aule virtuali in cui appunto possano interagire ed è previsto che gli esami si svolgano in sede, alla presenza fisica del professore che ne valuterà la preparazione. Inoltre lo studente può dedicarsi allo studio comodamente nella propria abitazione e non è vincolato dalla necessità della presenza fisica e da orari. Questo rende le università online uno strumento molto apprezzato dai lavoratori, che riescono a gestire lo studio e a seguire i corsi adattandoli ai propri tempi e ritmi. Lo studente è protagonista del suo percorsi di studio e gestisce personalmente il proprio percorso.Sviluppandosi, le università online offrono ai propri iscritti la possibilità di scaricare i materiali di studio e di seguire le lezioni anche sui dispositivi mobile, che siano telefoni cellulari o tablet. Molti sono anche i servizi che queste offrono ,come il servizio offerto dall'università online 'Pegaso', la quale promette un servizio di rimborso in caso di mancata occupazione in seguito al conseguimento della laurea. Inoltre l'offerta formativa negli ultimi anni è nettamente aumentata e sono ben 11 le università approvate dal MIUR (Pegaso, Uninettuno,Unimarconi, E-campus, Unicusano, San Raffaele, Mercatorum, Unitelma, , G. Fortunato, I.U.L, Leonardo Da Vinci).
Come sono viste però queste università?
Sicuramente con l'occhio dell'indifferenza. Come tutte le nuove tecnologie, si scontrano con uno 'strumento' e una struttura tradizionale, in questo caso appunto l'università statale, di cui già sono accertati metodi e funzionamenti. A differenza delle università tradizionali queste università 2.0 sono ancora in fase di consolidamento e sono circondate da molti dubbi. Dubbi riguardo ai costi, la validità, la professionalità. 
Molte sono le speranze che si ripongono in questo nuovo tipo di università, considerate porte verso il futuro. Un futuro che queste università devono però lottare per conquistare, perché, in veste di nuova modalità di formazione, sono sotto il mirino di tutti coloro che studiano e si occupano di educazione e formazione. Futuro che ultimamente è in bilico, in seguito a un analisi sull'andamento di queste nuove università. Un analisi durata 6 mesi al termine dei quali le università telematiche non sono state dichiarate all'altezza. Queste le dichiarazioni del ministro  Maria Chiara Carrozza: «Basta alle deroghe per le telematiche. Devono avere regole certe come le università tradizionali, devono seguire criteri stringenti per l'accreditamento e il reclutamento del personale docente. Dobbiamo poter valutare, con gli stessi criteri validi per le università tradizionali, l'efficacia e l'efficienza dei corsi impartiti. Lo faremo nel prossimo piano triennale» «Le università telematiche devono aumentare il numero di docenti con contratto stabile, oggi ci sono troppi precari. Devono aumentare l'attività di ricerca, oggi piuttosto scarsa». 

In questo articolo ho cercato di dare uno sguardo al mondo delle università telematiche,  nei suoi pro e nei suoi contro, nei suoi punti di forza e di debolezza, di descriverne il funzionamento. Credo che un verdetto non possa ancora essere emesso, che non si possa emettere una sentenza di positività o  negatività assoluta riguardo al seguire questo tipo di università , ma che tutto dipenda dalle esigenze del singolo studente. Credo inoltre che queste università siano ancora in fase di sviluppo e che gli debba essere data ancora una possibilità, la possibilità di svilupparsi e dare molto.
Staremo a vedere!





Fonti:  http://www.informagiovani-italia.com/universita_online_corsi_laurea_online.htm
            http://www.infolaureaonline.com/uni-online-frequenza-esami/
            http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/12/18/le-universita-online-non-passano-lesame.html



L' e-learning app based: gira il mondo con Babbel!

Se da un lato il modo migliore di imparare una lingua rimane il buon caro e tradizionale soggiorno all’ estero, dall’altro è da ammirare come il fenomeno di sistemi app-based abbia sbaragliato fortemente la concorrenza. Da Berlino arriva Babbel! Applausi.
Che Internet abbia fatto breccia nei nostri cuori è ormai fatto risaputo, quasi realtà tangibile. Abbiamo assistito a fenomeni quasi paranormali grazie all’ esistenza della rete, un esperimento magico che ha superato qualunque tipo di aspettativa, infranto barriere spazio-temporali, e si prospetta un fronte in libera espansione da qua all’anno 10.000. Internet non ha solo plasmato la nostra vita quotidiana e il nostro tempo libero, ma anche il nostro modo di lavorare e soprattutto di imparare. Imparare a far tutto, imparare a cucinare, imparare a suonare, imparare a cucire, imparare a cantare, imparare a ballare, imparare a riparare una lavatrice, imparare a creare software, imparare ad usare internet stesso! Ma, avanzando in questa lotta con i suoi più fedeli alleati, connessione wireless e dispositivi mobili, è riuscito a rivoluzionare anche il nostro modo di imparare….ad imparare! L’interattività ormai è la nuova frontiera del mondo dell’ istruzione: la vecchia signora lavagna intossicata di gesso è stata sostituita dalla bella signorina LIM , sempre pulita e aggiornata e pronta ad esporre alla classe qualunque tipo di materia le viene richiesto; i cari vecchi registri perennemente macchiati di caffè felicemente rimpiazzati da bellissimi e delicatissimi tablet; le noiosissime lezioni universitarie sono ormai diventate rilassanti serie tv da vedere in streaming sul proprio sofà. Se sfogliamo gli store dei nostri smartphone o pc, possiamo vedere come applicazioni e piattaforme per l’e-learning vengono fuori come i fiori sui ciliegi a primavera: primato assoluto va alle app di apprendimento di lingue straniere. (No amici, Google Translator non potrà essere la nostra ancora di salvezza per sempre, rassegniamoci).
Gli ideatori del progetto Babbel, lanciato nel 2008, l’ingegnere Markus Witte, lo sviluppatore Thomas Holl e il consulente Lorenz Heine insieme ad un gruppetto di sei collaboratori, hanno sviluppato la piattaforma che permette di studiare ben 14 lingue diverse, dall’inglese all’indonesiano.
La startup made in Berlin conta oggi più di 260 collaboratori, 160 assunti e 100 freelance da almeno 26 nazioni diverse. Negli uffici di Babbel lavorano linguisti, esperti madrelingua, autori, traduttori, product designer, programmatori di software e speaker dei materiali audio, e ogni mese più o meno ci sono cinque new entry. Quindi altro che startup!


Ecco come funziona: innanzitutto è scaricabile su qualunque tipo di dispositivo ( computer, smartphone, tablet) con i più vari sistemi operativi ( iOS, Android, Windows Phone, Windows 8, Kindle Fire). Le lingue disponibili sono italiano, inglese, tedesco, francese, spagnolo, portoghese, svedese, olandese, turco, polacco, indonesiano, norvegese, danese.  No, non preoccupatevi, Babbel ha pensato anche al russo,  ed essendo l'unica lingua che non utilizza l’alfabeto latino, ha proposto una tabella di traslitterazione, che introduce in maniera tematica l’intero alfabeto cirillico. Le lezioni durano pochi minuti e prevedono l’ apprendimento in vari livelli, in modo da poter partire da zero o approfondire la conoscenza di una lingua già studiata: queste prevedono il ripasso dei vocaboli e il riconoscimento vocale per apprendere la pronuncia corretta.
 Inoltre, quest’ app temeraria prende nota dell’apprendimento dell’utente, ovvero gli esercizi di ripasso vengono impostati di conseguenza e le parole studiate finiscono nel vocabolario personalizzato, collegato agli esercizi di ripasso. La registrazione è assolutamente gratuita e la gentile applicazione permette di seguire la prima lezione di ogni corso senza costi; l’abbonamento invece varia a seconda di quanto tempo si desidera usufruire del servizio, fino ad arrivare ad un prezzo di 59,40 per quello annuale. Considerato che il biglietto aereo per andare all’ estero difficilmente si aggira su queste cifre, non è poi così male. Insomma, un’ app e un modo di apprendimento che conta dalla sua solo punti favorevoli: non ho obiezioni da fare, signor giudice. Babbel wins

Fonti: http://www.lettera43.it/capire-notizie/babbel-quanto-costa-e-come-funziona_43675149229.htm

sabato 30 maggio 2015

Conoscenza libera? Ci pensa 'Federica'


'Federica' è il portale web Learning, nato nel 2007, che L'Università di Napoli Federico II,attraverso un finanziamento europeo del Por Campania, ha messo a disposizione per la formazione e l'apprendimento online. Una vera e propria "rivoluzione nel panorama didattico italiano", come ha dichiarato l'ex rettore della facoltà Guido Trombetti nel 2009 in un'articolo di Repubblica. Uno spazio virtuale dove accedere alle lezioni del proprio corso di studi, un portale per tutti libero e gratuito.  Studiare con 'Federica' (nome dell'ateneo al femminile) è semplice e veloce, il sito conta ad oggi 300 corsi e 5000 lezioni, inoltre la possibilità di seguire numerose lezioni attraverso i podcast di ITunes U., nessuna password, nessuna iscrizione. Una vera e propria libertà per la conoscenza, chiunque può imparare accedendo al sito ed entrando nei vari courseware messi a disposizione dall'Università Federico II. Un'ottima possibilità per tutti gli studenti non frequentanti, che desiderano avere gli appunti delle lezioni inseriti dai professori. Inoltre è un invito a tutti coloro che non seguono un corso di laurea, ma hanno fame e sete di apprendere per "cogliere  l' opportunità di seguire a distanza un corso universitario offerto da uno dei più prestigiosi atenei italiani", come hanno spiegato gli organizzatori dell'impresa. 
Dal 21 aprile 2015 'Federica' diventa 'eu', un nuovo portale di corsi online per suggerire agli studenti l'esperienza MOOC (Massive Open Online Courses, in italiano: Corsi online massivi aperti). Sempre gratuitamente si può accedere a 14 attività formative, che in autunno diventeranno 50. Dopo l'iscrizione, due lezioni a settimana saranno visibili anche dal tablet. L'apprendimento online sta diventando fondamentale e necessario per poter comunicare con i giovani della "Generazione Z", i nativi digitali del 1995, è per questo che con un semplice clic si potrà aprire il mondo universitario direttamente a casa propria, lezioni in streaming e le "Video lectures", filmati di otto minuti in cui si riassume il concetto chiave di una lezione. L'interfaccia del sito è stata interamente creata e ideata dallo staff della Federico II, che alla fine dei corsi di ogni sessione, ha messo a disposizione anche degli attestati con crediti formativi universitari. Un traguardo importante per una delle più antiche università del mondo, che si allinea ai tempi e al ritmo dei college americani. 'Federica' nel 2014 ha superato i 4 milioni di visite, il team di esperti del sito spera di raggiungere attraverso i MOOC ulteriori risultati per restare in gara in questa grande sfida per il sapere del domani. 
Non è facile capire per il momento qual è stato l'impatto dei MOOC su studenti e non, probabilmente non riusciranno mai a rimpiazzare le università "vere", ma secondo molti esperti (tra cui Clay Shirky, un saggista americano) l'esperienza dell'apprendimento online sarebbe molto utile e costruttiva e potrebbe cambiare l’università, come Napster ha fatto con la musica e Wikipedia con le enciclopedie. Che siano apprezzatati o meno 'Federica' e i MOOC, l'opportunità di ampliare le proprie conoscenze è sempre un elemento positivo. Se la tecnologia è utilizzata come strumento per ampliare i propri orizzonti non possiamo far altro che esserne felici.  

Fonte: Repubblica.it

Italia ed e-learning: testimonianza di una tendenza favorevole


Sia  per necessità di studio sia per approfondimento personale mi sono spesso imbattuta nella pratica dell’e-learning.
Lo sviluppo di software e applicativi web sempre più intuitivi nonchè la diffusione di un accesso alla rete sempre più facile e incentivata, sicuramente hanno contribuito all’uso di questa nuova pratica di formazione.
Personalmente ho tratto enormi benefici da questa modalità che in questi anni ho visto trasformarsi, ampliandosi da timida sperimentazione a sistema innovativo di formazione universitaria.
Ciò che ad un certo punto mi sono chiesta però è quanto le istituzioni abbiano influito su questo sviluppo repentino.

                                           L’Italia scommette sull’e-learning?


Nel cercare di rispondere  a questa domanda ho trovato un’interessante intervista a Massimo Faggioli, responsabile della sezione Didattica e Formazione dell’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica.
Ad una prima domanda relativa al confronto della situazione italiana nel più generale contesto europeo e statunitense, Faggioli sottolinea l’attenzione crescente dell’Unione Europea alla dimensione pedagogica dell’e-learning, che si è manifestata attraverso le indicazioni dei programmi comunitari susseguitisi negli anni.
L’Italia, nel seguire queste indicazioni, si è ritrovata un po’ in ritardo rispetto agli altri paesi della comunità nonché ai paesi d’oltreoceano e del continente asiatico.

Ben 53 Miliardi di dollari, è questo il valore del mercato mondiale dell’elearning nel 2010.
La maggior parte di questo business si svolge negli Stati Uniti ed in altri paesi Europei come Gran Bretagna e Germania.
L'uso di questa tecnologia fa dunque risparmiare tanto tempo e tanto denaro.
In Italia però la diffusione della pratica di formazione a distanza è stata notevolmente più lenta.
In particolare, per ciò che riguarda la IAD (Istruzione a Distanza) la fatica ad avviare nuove metodologie di apprendimento è dovuto alla radicata cultura scolastica tradizionale, difficile da implementare ed innovare poiché timorosa ed impreparata al cambiamento.

Ciò nonostante le tendenze sono positive.
Numerosi sono stati i piani nazionali promossi dal Ministero della Pubblica Istruzione per intervenire sull’alfabetizzazione digitale (di studenti e docenti) e sull’introduzione di strumentazioni tecnologiche di supporto alle attività didattiche.
Numerosi sono stati anche i corsi universitari avviatisi su tutto il territorio nazionale per lo studio delle innovazioni tecnologiche e l’adozione di metodiche e-learning (Politecnico di Milano, Università di Firenze nonché la recente piattaforma “Federica” dell’Università degli studi di Napoli Federico II, in fase di espansione sul modello MOOC).
Le risposte positive provengono anche dal fronte della formazione di tutor competenti, per integrare con risorse umane preparate questo sistema cosi “digitale” ma pur sempre fatto di persone.
Su questo argomento infatti, Faggioli sottolinea come siano gli stessi docenti italiani a percepire il bisogno di aggiornarsi come dimostrato dall’alto numero di iscrizioni volontarie agli eventi formativi.

In conclusione, dopo un inizio un po’ incerto e culturalmente difficoltoso da attuare, il piano italiano di implementazione delle tecniche e delle strumentazioni per l’apprendimento a distanza sembra ad una fase di accelerazione.
L’ambito accademico è quello in cui negli ultimi anni si manifesta più interesse e partecipazione.
Segnale che dopottutto “Il cambiamento è inevitabile, la crescita personale è una scelta” – Bob Proctor.



Fonti:

http://www.abacusweb.it/news/Quanto_scommette_lItalia_sullelearning_a_livello_di_istruzione/152/view/56/248/41/index.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/E-learning

La nuova educazione dei "nativi digitali"

Con l'integrazione delle tecnologie dell'informazione nel processo di apprendimento ed insegnamento, la nuova generazione di alunni è formata da nativi digitali con una nuova forma di agire e nuove capacità. L'espressione “nativi digitali” è stata coniata da Marc Prensky in un saggio intitolato “The death of command and control” identificandoli con quelle persone che sono cresciute con Internet, immerse in nuove tecnologie come computer, cellulari, videogiochi. Accanto a loro convivono gli immigrati digitali, cioè persone tra i 35 e i 55 anni che hanno dovuto adattarsi ad una società sempre più tecnologica. I nativi digitali nascono nell'era dell'informazione e sono attratti da tutto ciò che è relazionato con le nuove tecnologie. Sono multitasking: affrontano più canali di comunicazione simultanea, utilizzano varie fonti, cercando di spendere il minor tempo possibile in una determinata attività (rischiando in alcuni casi di perdere produttività e diminuire la loro concentrazione). Sono comunicatori ma allo stesso tempo anche creatori dei propri contenuti (navigano con fluidità, sono abili con il mouse, creano video, presentazioni multimedia, musica, forum, blog, ecc). 








Nell'istruzione l'incorporazione di nativi digitali ha portato all'introduzione di una serie di sfide. Gli strumenti di istruzione e di apprendimento non sono stati progettati per i nativi digitali, dunque nella maggior parte dei casi, i loro insegnanti sono immigrati digitali che hanno fatto lo sforzo di avvicinarsi alle nuove tecnologie e di insegnare in una lingua spesso incomprensibile per i nativi digitali. Così si è cominciato ad utilizzare un metodo che integra gli strumenti tecnologici con le lezioni in aula. Nelle scuole elementari i bambini già iniziano a disegnare su una lavagna elettronica, quando non conoscono bene un argomento, possono cercarlo su Internet. Utilizzano anche il tablet in gruppi: leggono, contano, usano applicazioni interattive. Mentre prima si aveva un libro di testo di 500 pagine, ora magari si ha un video su youtube di 5 o 10 minuti. In classe gli studenti possono cominciare a giocare con video e mischiarli, si può insegnare come apprendere o stare in una rete sociale e si possono includere studenti di altre città. I bambini dicono che è più facile e più divertente usare i tablet in classe: per la geografia, si ha a disposizione Google maps, mentre il libro virtuale usato in classe permette di correggere insieme agli alunni direttamente gli errori. Il modello tipico utilizzato per i nativi digitali prevede: ricerca di informazioni sul web, analisi e riflessione in classe, lavoro individuale, produzione di nuovi materiali, esposizione del materiale e conseguente valutazione. Spesso può essere utilizzato anche il metodo del b-learning (blended learning), ossia la combinazione di didattica in aula e quella online attraverso la tecnologia, che risulta molto pratico in quanto non esclude gli insegnamenti in classe e l'aula resta il luogo valido per l'insegnamento, nel quale i bambini possano confrontarsi con i loro coetanei. 




Alcuni autori affermano che ciò di cui necessitiamo “non è un'evoluzione, ma una rivoluzione nell'educazione. La ragione per cui molti giovani abbandonano la scuola è perché essa non motiva lo spirito, non alimenta la loro energia o la loro passione”.
L'apprendimento è sociale, per cui l'importanza di un'esperienza multidimensionale, che sfrutta più attività e canali, è essenziale. L'introduzione delle Ict nell'aula è un ricorso che può promuovere lo sviluppo autonomo dello studente e far in modo che questo sia capace di acquisire e attualizzare conoscenze e abilità durante la sua vita.
Utilizzare le metodologie partecipative e i mezzi del web 2.0 nell'aula risulta necessario se si vuole formare gli studenti con le competenze professionali che occorrono nella società del XXI secolo.



FONTI:

-http://www.fidae.it/AreaLibera/Pubblicazioni/orientamenti/fidae2014-tablet_a_scuola.pdf

-http://educationduepuntozero.it/speciali/pdf/speciale_marzo2013_1.pdf

mercoledì 27 maggio 2015

Imparare divertendosi: giochi educativi 2.0

L’utilizzo intensivo dei nuovi media nella vita di tutti giorni è un’abitudine che non coinvolge solamente giovani e adulti ma ha ormai conquistato anche le fasce d’età dei “giovanissimi”. Basta guardarsi intorno per accorgersi che, fin dalla culla, i bambini imparano ad usare dispositivi tecnologici come smartphone e soprattutto tablet. Non sorprende, quindi, che nel corso degli ultimi anni si è moltiplicato il numero di nuove app e giochi a misura di bambino, al fine di stimolare ancor più il loro utilizzo e la loro diffusione.  I vecchi giocattoli sono stati ormai posti nella cesta e hanno lasciato spazio ad una nuova generazione di giochi 2.0. Giustamente, sono state sottolineate le molte implicazioni negative di questa nuova tendenza, perché sicuramente non è piacevole vedere bambini, anche di soli 2 o 3 anni, trascorrere le proprie giornate a fissare schermi luminosi, tuttavia, dobbiamo riconoscerlo, è impossibile negarglielo del tutto, bisognerebbe, piuttosto, trovare un’opportuna via di mezzo. Ad ogni modo, tralasciando le contrastanti opinioni  a riguardo, quel che qui ci interessa sottolineare è che i bambini possono sperimentare con questi nuovi strumenti un’innovativa modalità di imparare divertendosi.

Sfogliando, ad esempio, la gallery delle app di Googleplay notiamo che è stata creata una categoria dedicata esclusivamente ai giochi educativi. Tra i giochi più diffusi ci sono quelli “sponsorizzati” dai personaggi amati dai più piccoli, come quelli del maialino più popolare del momento, “Peppa Pig”, dedicati alla matematica, alle forme geometriche, alla memoria, etc; o quelli dell’ “Ape Maya”arricchiti da racconti interattivi animati, vari livelli di difficoltà, disponibilità di 5 diverse lingue, etc.  Molti altri sono, invece, dedicati alla scoperta degli animali, come “Fattoria parlante” , che insegna a riconoscere gli animali e i loro versi. Non mancano, poi, giochi: per riconoscere suoni, colori e forme; disegnare e colorare;  stimolare la memoria, la concentrazione, la creatività, la capacità cognitiva e l’osservazione.

Inoltre,l’universo dei giochi che “stimolano la mente” si estende anche ad un pubblico più adulto. Sono, infatti, molto apprezzati e diffusi , su dispositivi mobili, su pc e sui social: giochi rompicapo; giochi di logica e di memoria; giochi di cultura ( in particolare quiz, molti dei quali riprendono i più famosi quiz show televisivi). Nei primi mesi del 2014, ad esempio, era molto in voga sui social il gioco “Quizduello” (che consente di sfidare gli amici “virtuali” a colpi di domande su diverse tematiche quali : Arte e  cultura; Economia e politica; In giro per il mondo; Scienza; Attualità; Tecnologia; Lingua e Letteratura; etc.) diventando un vero e proprio tormentone della rete e contribuendo, nel suo piccolo, ad estendere le conoscenze dei giocatori.



martedì 26 maggio 2015

Tecnologia prescolare


ll governo svedese ha fornito dei dispositivi mobili alle istituzioni che ospitano i bambini più piccoli i quali si preparano per la scuola primaria per colmare il divario tra l’ambiente scolastico e quello domestico.   Così un istituto prescolare  di Stoccolma ha sperimentato il tablet come strumento di apprendimento e gli insegnanti sono concordi nel valutare positivamente la cosa per come i bambini sono stati incoraggiati a imparare a parlare da un approccio divertente, interattivo e multimodale. 
Anche nel Regno Unito  sono stati riscontrati effetti positivi sui  bambini alle prese con questi apparecchi tecnologici che li  incentivano alla lettura e a sviluppare capacità di comunicazione. Usare gli apparecchi per leggere storie o farsele leggere da adulti, in unione ai materiali di lettura più convenzionali, si è dimostrato più efficiente della lettura cartacea, questo perchè attraverso questi strumenti i bambini si sentono più motivati.Utilizzare un apparecchio tecnologico per la formazione ed educazione del bambino può essere una metodologia molto significativa in quanto il tablet viene prìncipalmente visto come uno strumento di svago e divertimento da parte bambino che quindi si approccia più facilmente ad esso.Anche la scuola francese  sperimenta i tablet , uno dei siti francesi dove questo accade si chiama Les Maternateurs e fa riferimento a un programma che promuove l’uso di tecnologie digitali e in particolare lavagne interattive, proposte come attività prescolari al pari di quelle tradizionali. Le lavagne favoriscono un approccio all’insegnamento interattivo e cooperativo. Una maestra d’asilo parigina,Véronique Favre,elenca i differenti usi degli apparecchi touch per i più piccoli e i vantaggi che apportano in termini di apprendimento e sviluppo delle capacità. Si inizia dall’uso elementare dello strumento, accensione e spegnimento, per procedere a sblocco, esplorazione dei contenuti, apertura delle app e cose principali da fare e non fare.Dopo la fase introduttiva, Favre incoraggia i bambini a scattare foto, registrare suoni e frasi e poi utilizzare app per lo sviluppo delle capacità verbali e di ascolto.

lunedì 25 maggio 2015

Scuola digitale sì, ma in modo intelligente

Nelle scuole americane, come anche in quelle norvegesi , danesi e francesi, l’idea dell’insegnamento digitale non è più solo tale. Nella maggior parte di esse infatti, ogni studente ha in dotazione un proprio iPad su cui lavorare per l’apprendimento scolastico. Nonostante ciò si è riscontrata l’inutilità di fornire tali strumenti a tutti i singoli alunni. Protagonisti di questa analisi sono stati i  ricercatori della Northwestern University che si sono prestati ad analizzare tre scuole elementari di Chicago, e da cui hanno potuto osservare che i migliori risultati di apprendimento si rilevano in quella in cui i piccoli studenti condividono tra loro il tablet per un lavoro di gruppo. Ovviamente il risultato di un buon programma scolastico non è dato soltanto dalla condivisione dello strumento tecnologico ma anche dall’insegnante che ha organizzato in modo adeguato il lavoro  per la sua classe. In base a quanto affermato si è avuto modo di riflettere sul fatto che in alcune scuole statunitensi  siano stati fatti dei tagli proprio sul personale per fornire agli allievi i dispositivi digitali, e come ciò sia poi risultato un errore in quanto la maggior parte degli studenti, poco interessati all’apprendimento, utilizzassero questi strumenti esclusivamente per altri scopi, sicuramente non scolastici. Far interagire i bambini in gruppo tra loro attraverso l’utilizzo di un solo dispositivo digitale condiviso per ogni cinque risulterebbe decisamente più costruttivo.

La scuola del futuro non deve essere  un continuo fornire attrezzature agli studenti, di cui tutti i ragazzi oggigiorno sono già forniti ampiamente e dalle quali  fanno già dipendere la maggior parte della loro vita quotidiana, ma deve esserci anche qualcuno che li orienti in modo corretto all'apprendimento e  che faccia anche da mediatore tra il mondo digitale in cui nascono e quello che possiamo definire ormai vecchio e legato alla vita reale. L’istruzione digitale non deve risultare soltanto come un touch screen su cui appoggiare continuamente le dita.
Alla luce di questi dati possiamo fare un piccolo confronto. Notiamo infatti che mentre in America, in Francia, in Danimarca ecc.. , nonostante le grandi possibilità finanziarie sia comunque importante un utilizzo intelligente delle risorse messe a disposizione, cercando il giusto metodo di insegnamento tecnologico per ottenere i migliori risultati di apprendimento, in Italia a fronte della forte crisi economica i lavori di gruppo che prevedono minimo 12 alunni e un solo computer non è di certo una scelta.

FONTI: La Stampa 

domenica 24 maggio 2015

Canvas Network free online courses


Canvas  è una piattaforma online pensata per la formazione a distanza che, ha l’obiettivo di coinvolgere un numero sempre più elevato di persone cui consente di fare corsi specifici, purché abbiano un computer (ma anche tablet e smartphone) e una connessione ad Internet. Da qualsiasi posto ci si connetta e qualsiasi ora, per abbattere le barriere di apprendimento. E' la prima volta che utilizzo un corso on line e prima di tutto ero curiosa di vedere com’era strutturata la piattaforma e non sono rimasta delusa. Questa piattaforma aiuta lo studente a memorizzare una nuova lingua quattro volte più rapidamente rispetto ai metodi tradizionali. Alla fine della formazione, gli studenti possiedono la facilità che hanno sempre voluto avere.Le prime impressioni sono buone, c’é un grandissimo numero di moduli e di esercizi da completare.Il supporto didattico e metodologico di tale strumento virtuale é incredibile. Uno dei grandi vantaggi é di poterne beneficiare senza dover uscire dal comfort di casa nostra. E’ gratis, a meno che non si voglia usufruire di una certificazione valida ai fini di legge per la quale, e solo in quel caso, la piattaforma chiede un pagamento, altrimenti dopo avere frequentato il corso, si ottiene un attestato di frequentazione. Tutti possono formarsi con Canvas, dai debuttanti a coloro che possiedono un livello avanzato. Iscriversi è semplicissimo, basta avere un indirizzo e mail e scegliere un corso che interessa. Canvas offre corsi online tenuti da educatori di tutto il mondo. I partecipanti sono invitati ad accedere alla classe, possono rivedere i materiali didattici e le attività di apprendimento complete a loro piacimento. E’un corso di studio che copre un periodo di sei settimane. Per completare con successo il corso, è necessario completare tutti i corsi e le assegnazioni in base al  calendario dei corsi. Ogni assegnazione ha una serie di criteri. Canvas è interattivo, offre opportunità di collaborazione, è possibile comunicare con i vari studenti e creare gruppi  tramite discussioni virtuali. Le discussioni riguardano temi che si sono affrontati durante i vari moduli, in cui si esprime la propria opinione, da ciò scaturisce anche una crescita personale poiché  ci si confronta sulle varie tematiche. Tutte le discussioni che sono o meno di 150 parole l'assegnazione riceverà un punteggio pari a zero. Tutti i quiz sono classificati in base alla percentuale e nei vari moduli è presente la spiegazione di ogni argomento che viene trattato. Dopo la mia prima esperienza su canvas sono dell'idea che L’e-learning non si improvvisa. Con la disponibilità tecnologica che abbiamo oggi è molto facile installare una piattaforma e caricarla di contenuti. Questa modalità  ha manifestato, nel giro di pochi anni, tutti i suoi limiti. Oggi si parla di e-learning 2.0 dove si dà maggior importanza all’interazione, alle quali va assegnata la stessa attenzione programmatica degli obiettivi: le persone interagiscono se hanno qualcosa da comunicare e questi processi vanno stimolati e guidati.Chi desidera introdurre l’e-learning nella propria didattica è giusto che segua un percorso di formazione specifico. Esempi di didattica scolastica con l’e-learning ce ne sono molti ma ancora pochi quelli che vanno nella direzione sopra citata.

Apprendere la tecnologia.

Tecnologia e apprendimento.
Due parole che  nel corso degli anni sono state spesso associate. Soprattutto vedendo la tecnologia come una porta aperta per la conoscenza del mondo, come un ottima occasione e un ottimo strumento per apprendere e far apprendere. Ma cosa si dice invece dell'apprendimento della tecnologia stessa?
Oggi voglio parlare soprattutto del rapporto che due categorie particolari hanno con l’apprendimento e la tecnologia. I nativi digitali e gli anziani.
Nonostante  per entrambe le categorie io parli di ‘apprendimento’ è indubbio che per le due questo avvenga in modo diverso. I nativi digitali apprendono automaticamente il funzionamento delle tecnologie e dei prodotti tecnologici, li accompagnano ormai fin dai primi anni di vita, e imparare ad utilizzare questi strumenti diventa naturale quasi come imparare a reggersi sulle proprie gambe e  muovere i primi passi, questo perché la tecnologia sta diventando sempre di più un estensione del nostro corpo. Pare ormai che, paradossalmente, le nuove generazioni accolgano e apprendano naturalmente l’utilizzo delle nuove tecnologie , e debbano invece imparare ad utilizzare forme di comunicazione più ‘datate’e per noi prima assolutamente naturali. E’ più facile oggi per un bambino utilizzare e comprendere il funzionamento di un tablet che sfogliare un giornale, la tecnologia è diventata per i nativi maggiormente intuitiva .




A tal proposito propongo la visione di un video che vi lascerà divertiti..ma anche un po’ sbigottiti, questo video mostra una bambina di circa un anno che utilizza in modo molto fluido un tablet trovandosi invece incerta sull’utilizzo di un giornale..che cerca poi di utilizzare come fosse un tablet, dubitando persino del corretto funzionamento delle sue dita..che proverà a utilizzare sulle gambine, per accertarsi della natura del ‘problema’. Questo video è una finestra  sulla situazione di oggi e ci permette di lanciare uno sguardo alla sua evoluzione futura. Al termine del video la madre commenta ‘ Per mia figlia il giornale è un Ipad che non funziona, Steve Jobs ha codificato parte del suo IOS’. Quest’ultimo commento porta ad una serie di osservazioni e dubbi. Una condizione simile dipende effettivamente da chi ha creato e messo in circolo determinati dispositivi, o dipende dall’utilizzo che ne viene fatto in casa e dai familiari? O ancora tutto ciò dipende da una serie di costruzioni sociali? E sarebbe giusto , per evitare situazioni simili, tenere  i propri figli lontani da questi strumenti,  rischiando però di lasciarli  esclusi e rallentati rispetto ai coetanei? Sicuramente sono domande e dubbi legittimi. Al momento lascerò riflettere il lettore su queste domande, su cui sicuramente ritornerò.
Vorrei passare ora ad analizzare la seconda categoria presa in esame..quella degli anziani. A differenza dei nativi digitali, questi vivono l’apprendimento della tecnologia e del suo utilizzo in modo sicuramente molto diverso. Se i primi vengono naturalmente spinti verso la tecnologia, si trovano a contatto con questa quasi sempre, dai primi anni di vita, in casa, sia nel momento in cui si ritrovano a utilizzare determinati dispositivi nelle scuole. I nativi come già detto sono naturalmente spinti verso l’apprendimento e anche la curiosità li spinge a cercare di comprendere questi strumenti. L’anziano invece trova una difficoltà maggiore nel comprenderli e nell’utilizzarli, preferendo mezzi di comunicazione tradizionali e con cui si riconoscono e si ritrovano maggiormente. Questo perché accade? Secondo Stefania Maggi, dell’Istituto di neuroscienze del Cnr di Padova questo dipende dal ‘processo di invecchiamento e le malattie, che compromettono molte abilità acquisite o rendono difficile acquisirne di nuove’. Le difficoltà  che persone di una certà età trovano nell’approcciarsi a questi nuovi mezzi di comunicazione non deve però far presupporre che non desidirino avvicinarsi alla tecnologia o comprenderla. Inoltre le nuove tecnologie hanno diversi vantaggi..come costi contenuti in alcuni casi o utili servizi offerti (programmi di telefonia gratuiti, acquisti e consegna tramite internet) che anche gli anziani comprendono e scelgono di utilizzare. Le statistiche lo confermano; l'uso del pc tra gli anziani tra 60 e 64 anni è passato dal 13,8% del 2005 al 25% nel 2009 e dal 5,5% al 9,9% per la fascia 65-74 anni. E nello stesso arco temporale l'uso di internet è 'schizzato' dal 10,8% al 22,8% per i 60-64enni e dal 3,9% all'8,5% per i 65-74enni. Proprio tra gli anziani, in soli quattro anni, cioé, si è registrato il maggiore incremento per uso di nuove tecnologie.



sabato 23 maggio 2015

Internet o libri?

Al giorno d’oggi è sempre più in diminuzione il numero dei ragazzi che si interessano alla lettura. La maggior parte dei ragazzi legge poco quanto niente. Quelli che lo fanno preferiscono  leggere tramite internet con i loro iPad, iPhone, abbandonando ormai quasi in via definitiva quella vecchia immagine dell’usare il libro come mezzo di evasione fugace dalla vita quotidiana lasciando da parte qualsiasi oggetto o persona che richieda la
nostra attenzione. Il principale mezzo di informazione oggi è Il web e gli utenti recuperano notizie dalla rete. La disponibilità di fonti e documenti, facilmente accessibili attraverso uno schermo ed una connessione internet, ha introdotto l’utente in un nuovo scenario. Le informazioni che l’utente può ricercare on line  sono molteplici e di diverse tipologia. Ciò che sta mutando è il modo di concepire il sapere e la conoscenza. Il nuovo strumento di consultazione che sta diventando internet, sta modificando la concezione evolutiva di un sapere cumulativo e catalogabile realizzatasi nell’idea di Enciclopedia. Internet prefigura strutturazioni molto elastiche ed amorfe della conoscenza e stimola modalità creative e di apprendimento. Ognuno di noi, quando è alla ricerca di qualche concetto non molto chiaro, corre subito al computer, sperando di trovarlo spiegato in un modo più semplice e di facile comprensione. Il sapere “digitalizzato” mostra quindi diversi pro, quali l’avere a portata di mano qualsivoglia argomento, varie fonti su cui basare il proprio studio, la presenza di vari approfondimenti che permettono di argomentare al meglio un concetto e tutto ciò, sostituirà il vecchio sapere “cartaceo. Naturalmente chi affronta una ricerca tematica in rete si trova spesso a dover combattere con cataste di documenti spesso contraddittori. Quanto più la conoscenza dell’argomento è controversa tanto più contraddittori saranno i documenti. Non sempre si giungerà alla ad una ricostruzione efficace del tema e  di riuscire a trovare le informazioni che si volevano. Non si può parlare nettamente di superficialità o profondità delle informazioni in rete perché molto dipende da come e cosa si è cercato; certamente la ricerca in rete non permetter la passività o la leggerezza concessa da altri mezzi. Il libro ha comunque sempre il suo valore, anche se meno usati, essi continuano a essere di poco  più affidabili di internet. Il problema più immediato è quello della legittimità delle fonti, che per via dell’eccessiva velocità di ritrasmissione diventano tutte potenzialmente sospette, proprio per questo motivo gli utenti devono avere la capacità di valutare l affidabilità del sito valutandone i contenuti.

giovedì 21 maggio 2015

Il ruolo dello stato nell'educazione digitale

L’attuale contesto sociale e tecnologico, legato soprattutto all’uso delle tecnologie multimediali e di Internet,  stanno fortemente cambiando l’apprendimento e la formazione all’interno del processo educativo. In Italia l’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa ( INDIRE) ha avviato numerosi progetti ed è impegnato principalmente su tre ambiti: innovazione, formazione e miglioramento. L’Istituto svolge un’importante attività di ricerca mirata a comprendere le trasformazioni nel modo di apprendere e comunicare delle nuove generazioni. L’obiettivo è quello di permettere alle scuole di acquisire gli strumenti utili alla preparazione degli studenti che si affacciano al mondo del lavoro.Si promuove quindi l’impiego delle tecnologie e dei linguaggi digitali per portare innovazione nell’ambito didattico, tecnologico e organizzativo. Nell’ambito didattico la  lezione statica e frontale, ancorata ai tradizionali metodi di apprendimento, è destinata a lasciare spazio alle moderne tecniche didattiche, basate su strumenti tecnologici ed innovativi che, secondo alcune ricerche, stimolano una maggiore motivazione verso lo studio. Per quanto riguarda la tecnologia si punta all’introduzione delle tecnologie nella didattica e a questo scopo vi sono i progetti  Scuola Digitale e Editoria Digitale Scolastica. Il piano Scuola Digitale prevede l’utilizzo delle lavagne interattive multimediali LIM e di altri strumenti digitali come l’ebook e il tablet nelle classi per l’uso e la condivisione di materiali didattici digitali. L’Editoria Digitale Scolastica invece mira alla creazione e sperimentazione di prodotti editoriali di nuova generazione, anche in vista della normativa sull’adozione dei libri scolastici in forma digitale. Le iniziative dell’ambito organizzativo  riguardano sia la formazione dei dirigenti scolastici e del personale ATA sia la trasformazione degli ambienti di apprendimento.L’Indire inoltre si è attivato particolarmente per la formazione online e l’aggiornamento professionale del personale. Sfruttando le ICT,sono stati proposte ai docenti nuove metodologie, come dimostra il progetto Formazione disciplinare docenti, sempre piu inerenti al contesto di riferimento con tutor che assistono i docenti nell’elaborazione di project work rivolti agli studenti. In questo modo si migliora la performance del docente nella pratica educativa attraverso soluzioni innovative.

Fonti: www.indire.it